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RONDETTO – 1965 folkboat 25′


Rondetto – 1965 Nordic Folkboat 25’
Original Tord Sundén design revised by John Illingworth
Built by Parham & Sons in Emsworth, honduras on oak

Erik Pascoli’s first boat. Extensive restoration just concluded.

Rondetto è un Nordic Folkboat 25’ modificato nell’opera morta e nel rig da John Illingworth per farlo partecipare alle regate nella classe JOG (Junior Offshore Group) della quale porta ancora il simbolo e il numero di stazza sulle vele. Il primo proprietario fu Lt. Cdr. David Gay, ai tempi comandante del R. Y. Bloodhound, e deve il suo nome a un cavallo da corsa sul quale il primo armatore puntò e vinse una discreta somma che spese per farsi costruire Rondetto. Nel 1968 venne acquistata da Erik Pascoli che la fece rinforzare e l’attrezzò per attraversare l’Atlantico, primo navigatore italiano a portare a termine questa impresa in solitario, partendo da Portsmouth (Hempshire) e arrivando a Portsmouth (Dominica). L’attraversata durò 47 giorni ed Erik Pascoli scrisse il suo libro “Da Portsmouth a Portsmouth con Rondetto attraverso l’Atlantico” edito da Mursia nel 1971, un testo di culto per tutti i velisti che erano giovani negli anni ’70. Pascolì compì altre due attraversate con Rondetto, nel gennaio del 1971 da Pointe a Pitre ad Almeria in 59 giorni e poi sulla rotta della O.S.T.A.R. partendo in anticipo per contestare il regolamento e concludendo in 48 giorni compresi 5 giorni di tappa forzata in Nuova Scozia a causa di un ascesso a un dente (https://www.youtube.com/watch?v=Dv9UjuXeYKM). Erik Pascoli, dopo le imprese con Rondetto divenne uno degli skipper italiani più quotati e partecipò alla prima Whithbread del 1974 al comando di Tauranga; nel 1975 prese il comando della goletta Mariette. Nel 1981 Rondetto venne ceduto a Bruno Pietrangeli, amico di Pascoli, che completò altre due attraversate atlantiche nel 1983 da Tenerife a Martinica in 30 giorni e nel 1986 da Gibilterra a Fortaleza (Brasile) in 41 giorni. Sicuramente non esistono altre piccole imbarcazioni con così tante attraversate atlantiche in solitario all’attivo. Per la storia italiana della vela oceanica Rondetto è dagli esperti considerata la barca più importante e allo stesso tempo quella che ha ispirato il più grande numero di appassionati.

 



 

“La “Barca del Popolo” di Gian Marco Borea

Come è nata e si è sviluppata la più “popolare” imbarcazione da crociera che si valuta sia stata riprodotta in oltre 3500 esemplari?
Nel 1940 il mondo era sconvolto da quella che è stata certamente la più catastrofica delle guerre. Ma un paese dell’estremo nord d’Europa, La Svezia, riuscì a restare neutrale, ed a evitare il generale disastro ed i lutti che quel conflitto per ami riversò sul mondo intero.
La Svezia è un paese dalle forti tradizioni marittime, dove la vela è una attività praticata virtualmente da tutti. Anche le sue acque si prestano alla navigazione sia per il grande bacino del Baltico, sia per le sue frastagliatissime coste, acque interne, laghi e isole.
L’Ente Nazionale della vela svedese, proprio in quel periodo iniziale che venne chiamato quello della “strana guerra”, per l’incertezza e confusione dell’andamento politico e militare, decise di bandire un concorso per una barca da piccola crociera, una barca di famglia, adatta sia al mare aperto sia alla navigazione fra i mille anfratti ed isolotti della costa scandinava. Doveva essere di lunghezza sui 7-8 metri, di semplice costruzione, in legni non pregiati ma di facile reperimento in loco, equipaggiabile con un piccolo motore, non troppo invelato, ben zavorrato per resistere alle frequenti raffiche o colpi di vento improvvisi senza dover esser costretti a ridurre tela.
In Svezia erano già molto diffusi vari tipi di imbarcazioni, dalle caratteristiche che noi definiremo, appunto, scandinave. Barche strette e fini, con notevoli slanci, e poppe dette alla norvegese o a canoa. Sappiamo tutti quanto sia difficile far cambiare gusti e scelte al marinaio, conservatore quanto altro mai. Il concorso fissava alcuni parametri per la barca che si desiderava creare: una certa lunghezza e una certa larghezza, per offrire una certa tal quale abitabilità, che i tipi in uso fin allora non offrivano certo, stretti e bassi come erano.
Negli ultimi anni ’30 in Germania Hitler aveva creato la “Volkswagen”, l’auto del popolo, che avrebbe dovuto motorizzare gli abitanti del Terzo Reich.
Non sappiamo se fu in polemica che gli svedesi chiamarono il concorso per la creazione di una “Folk-boat”, la Barca del Popolo. Fatto è, che il concorso, un po’ per il periodo storico, che non invogliava certo a occuparsi di sport, e forse proprio per la reticenza a variare abitudini inveterate, dopo un anno era ancora deserto. Nessun progettista aveva presentato un piano di costruzione di una barca che fosse aderente al tema proposto.
Sven Salen, il Commodoro della Royal Sweedish Sailing Association, che aveva bandito il concorso, commentò: “Strano, ma sembra proprio che in questa nazione di marinai nessun progettista sia disposto a disegnare lo yacht che desideriamo!”.
Sven Salen era un uomo d’affari affermato, armatore di una grande flotta di navi mercantili, capo di un impero commerciale da lui stesso creato.
Era anche un noto skipper, che partecipava alle più importanti regate internazionali, nelle classi dei 6 ed 8 m. S.I.. Divenne famoso per aver per primo utilizzato, alle regate di Genova, il grande fiocco che si sovrapponeva in parte alla randa. Questa priorità è però contestata: il primo fiocco “Genoa” sarebbe invece stato impiegato per la prima volta da Raimondo Panario, alle regate di Genova e di Copenhagen nel 1926 sul “6 m. S.I.”, disegnato e costruito da Baglietto, “Cora IV”. Chi fu il vero “inventore” dei Genoa?
Fra le altre attività, Sven Salen aveva anche un cantiere navale. Un suo dipendente, un giovane ingegnere navale di nome Tord Sunden, specialista nel progettare eliche, lo sentì lamentarsi con i dirigenti, del fiasco del concorso per la “Barca del Popolo”. Si intromise nel dialogo, dicendo: “Signor Salen, forse io ho qualcosa che potrebbe soddisfare le esigenze del concorso…” e tirò fuori da un cassetto degli schizzi.preliminari per una barca che avrebbe voluto costruirsi per le sue vacanze.
Era uno sloop di poco più di 7 m., dalle linee decisamente, per il tempo, rivoluzionarie. Con slanci moderati, opera morta molto bassa, ed una poppa, questa la gran novità per gli scandinavi, a specchio con timone a barra esterno, specchio e dritto di poppa inclinatissimi.
Una bassa tuga assicurava una discreta abitabilità. Ma la grande innovazione, contro le inveterate abitudini scandinave, era la notevole larghezza (più di 2 metri), e non aveva la poppa tonda a canoa!
Inoltre era previsto un armo a 3/4, che permetteva di mantenere basso il centro velico, ed una notevole zavorra esterna in ghisa di più di una tonnellata, su un dislocamento di meno di 2 tonnellate! Evidentemente, una barca che poteva tener su tanta vela anche con venti forti.
Salen fu dapprima molto impressionato, e contemporaneamente intrigato, dall’inusuale progetto. Da uomo esperto di mare ma abituato alle barche delle classi metriche, aveva dei dubbi. Come si sarebbe comportata quella strana poppa inclinatissima, senza alcuno slancio, con un forte mare di poppa? E non era forse troppo larga, questa piccola barca, di costruzione così leggera, ma così fortemente zavorrata?
Dimenticando lo scopo della sua visita al cantiere, Salen entrò in una lunga discussione con il giovane ingegnere. Questi spiegò che quella strana poppa era intesa per economia e semplicità costruttive, che con quella inclinazione del dritto di poppa e del timone risparmiava molta superficie bagnata, pur conservando una buona lunghezza al galleggiamento; ed il timone esterno era anche ben più facile da costruire senza losca, appeso da femminelle ed agugliotti allo specchio, più pratico da controllare, smontare, riparare.
Salen non era del tutto convinto dalle risposte con cui Sunden spiegava le ragioni delle sue scelte progettuali. Tuttavia riconosceva che questo giovanotto non aveva tutti i torti, e che il suo talento avrebbe dovuto essere incoraggiato.
Resta il fatto che il Commodoro, dopo un mese di riflessione, presentò il progetto alla commissione esaminatrice del concorso, dicendo: “Abbiamo trovato la nostra barca”.
li progetto, completato, venne ancora esaminato, e… nacque la barca del popolo: la “Folkboat”!
La Royal Sweedish Sailing Association ordinò un primo lotto di ben 60 “Folkboat”, un numero per quei tempi enorme, dato anche il periodo bellico. Il primo esemplare scese in acqua nel 1942.
Venne scelta la costruzione a clinker (fasciarne sovrapposto) ed il legno di costruzione fu deciso in pino svedese e quercia, materiale reperibile localmente a basso prezzo. L’attrezzatura era ridotta alla massima semplicità: nessun winch, ma paranchi, sia per le drizze che per le scotte.
La “Folkboat” ebbe un rapido successo, specialmente appena terminato il grande conflitto. La sua dote di tenuta di mare, anche con forti venti, divenne proverbiale. Si diceva: “se devi prendere una mano di terzaruoli vuol dire che non avresti dovuto uscire quel giorno in mare.”
Su questo disegno vennero costruite un gran numero di barche, non solo in Svezia, ma in Inghilterra e nei Paesi Scandinavi, specialmente in Danimarca. Ne vennero fatte a fasciame tradizionale, con una tuga più alta in lamellare (bruttissime … ) per dare maggior altezza in cabina, ed infine un cantiere scandinavo ne acquistò i diritti di costruzione e produsse in serie una Folkboat in vetroresina.
Si calcola che siano stati varati più di 3500 “Folkboat” nel mondo. Date le sue qualità marine, e la sua robustezza, alle prime edizioni della “OSTAR”, la regata transatlantica in solitario, gran parte dei partecipanti si presentarono con “Folkboat” più o meno opportunamente modificate. Un “Folkboat” era il famoso “Jester”, che vinse la prima “OSTAR”. Sullo scafo di questo Foìkboat era stata costruita una tuga che copriva, a mo’ di testuggine, tutto il ponte, da poppa quasi fino a prua, con un unico portello di accesso sottoponte a circa mezza nave, ed era armato con una sola vela steccata da giunca cinese.
Altro celebre “Folkboat” è stato il “Rondetto” di Erik Pascoli, che vi compì alcune memorabili traversate oceaniche in solitario. Tord Sunden non ebbe gran profitto per il successo della sua creazione. Aveva ceduto i suoi diritti alla Royal Sweedish Sailing Association fin dall’inizio, per pochi soldi. In seguito vi fu una controversia che venne legalmente appianata con una forma di compromesso, che riconobbe al progettista una “royalty” di 300 corone svedesi per ogni “Folkboat” costruito.
Ancora oggi i “Folkboat” navigano in gran numero, e regatano sotto l’egida di una propria associazione di classe. Anche i “Folkboat” in vetroresina devono essere conformi, come linee, armamento e distribuzione dei pesi, agli originali in legno, e pertanto hanno prestazioni uguali.
Bisogna anche rimarcare che molti progettisti si sono ispirati a questo disegno di gran successo, e si sono viste barche quasi uguali al “Folkboat” di dimensioni maggiori, fino ai 12 metri. Non tutte queste imbarcazioni hanno avuto un gran successo, tuttavia bisogna riconoscere che l’idea di Tord Sunden ha costituito una pietra miliare nella diffusione di una piccola barca veramente marina, ed alla portata di tasche non tanto fornite.” Gian Marco Borea cit

 

 

 

 

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