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Diario (blog)

intervista Lorenzo Selva – 27 sett. 2000 Motonautica

di Edoardo Napodano

Selva: una dinastia lombarda a baluardo dell’Europa

Ne è passato di tempo da quando la Selva produceva componenti per la Lambretta nel secondo dopoguerra, a Sesto San Giovanni. Sembrano passati secoli da quel clima di sano entusiasmo imprenditoriale, da quell’ambiente di operosità milanese postbellica. Tutto è cambiato eppure nulla, da quando nel 1957, nonno Selva villeggiando per salute in Valtellina, decise di trasferirvi lo stabilimento approfittando delle agevolazioni rivolte ad un territorio allora sottosviluppato. Il terreno fu concesso dal sindaco e la produzione si spostò decisamente sui motori marini fuoribordo. Anno dopo anno la fabbrica si è quindi trasferita, si è ingrandita, i Selva si sono fatti onore nelle gare di motonautica (fino ai fratelli Lorenzo e Maurizio, rispettivamente due titoli europei ed uno europeo insieme ad uno mondiale) e soprattutto hanno avuto grandi soddisfazioni e risultati. Oggi sono gli unici costruttori di fuoribordo in tutta Europa e resistono bravamente all’assedio dei grandi gruppi internazionali senza l’aiuto di nessuno, anzi. Come ci spiega Lorenzo Selva, patron dell’azienda di famiglia, aiutato dal fratello Maurizio: “Non solo  non esiste un ente od una istituzione nazionale od europea che svolga in qualsiasi forma una sorta di politica favorevole all’ultima realtà europea in grado di contrastare i colossi nipponici e americani, ché non è nelle nostre abitudini chiedere nulla ad alcuno, ma che almeno si limitino a non far nulla  invece di intralciarci in ogni modo”.

Che cosa vuol dire?

Vede, mio padre mi ha insegnato che come imprenditore avrei dovuto far sedere alla mia scrivania solo ed esclusivamente chi avrei voluto. Mi sono sempre attenuto a tale insegnamento. Questa è la nostra tradizione in puro stile lombardo. Siamo in un territorio di persone molto riservate, forse chiuse, ma lavoratrici. L’azienda ne ha preso le caratteristiche migliori e si può considerare un poco una specie di “isola”, nel senso più puro.  Non pensiamo a nulla che non sia lavoro ed unica eccezione, se così la vogliamo chiamare, è rappresentata dal mio essere consigliere dell’UCINA, fatto che poi si riconduce sempre alla passione per il mia attività.

Mi vuol suggerire che oggi in Italia è difficile svolgere la sua professione? In linea con un vecchio adagio di Churchill: “Alcune persone vedono nell’impresa privata una tigre feroce da uccidere subito, altre una mucca da mungere, pochissimi la vedono come è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante” ?

Non  è facile per la media e medio – piccola impresa. La Selva da’ lavoro ad un centinaio di dipendenti, muove diversi miliardi, esporta il 70 % della produzione all’estero senza nulla importare e  vende i suoi prodotti nel modo più regolare, attraverso distributori e concessionari; soprattutto, com’è nel nostro stile, gli utili non sono mai distolti, ma sempre reinvestiti in fabbrica: tanto per fare un esempio, abbiamo comprato una macchina multiuso giapponese (fresatrice, alesatrice ecc.) da più di un miliardo. Pur tuttavia, quando all’estero spesso le industrie vengono agevolate, da noi esistono ostacoli burocratici, fiscali, di costo del lavoro, sindacali e ministeriali che solo una “feroce” determinazione ed un sano orgoglio ci fanno superare per rimanere concorrenziali. Per non parlare della mentalità antieconomica e lontanissima dal mondo reale del lavoro che persiste in troppi ambienti italiani.

Però lei non si arrende mai. La rete vendita della Selva S. p. a copre tutta l’Europa anche dell’Est ed è sviluppata in Africa, Asia e Sud America. E’ appena tornato da due giorni di meeting all’Idroscalo, si appresta a ripartire per un viaggio di lavoro in Europa e sta per lanciare un’imponente campagna stampa in concomitanza col Salone di Genova. Tutto mentre aspetta il suo quarto erede: neanche la famiglia le dà tregua!

Magari tutte le mie battaglie fossero così, ma al di là della battuta vogliamo respirare di nuovo il clima delle competizioni motonautiche, un ritorno alle origini, per questo ero all’Idroscalo. In più stiamo lavorando sodo per stupire al Salone: siamo in netta controtendenza rispetto a tutte le altre case, loro aumentano i prezzi, noi li riduciamo drasticamente secondo la nostra nuova politica commerciale. Malgrado l’aumento dell’alluminio del 15%. Se a ciò si aggiunge l’offerta di specialissime occasioni durante la fiera e che i nostri concessionari sconteranno l’IVA sui prodotti Selva, il nostro pubblico sarà certamente soddisfatto.

Che cosa presenterà a Genova e cosa vede nel futuro Selva?

Proporremo tre motori quattro tempi, Ray 8, Manta 40, Marlin 100 che completano una famiglia di nove diversi modelli. Poi ci saranno la linea di fisherman in VTR, F.6.0, F.5.5 e F.5.0 e quella di imbarcazioni e tender in polietilene rotomouled (stampate con sistema a rotazione tipo betoniera, due mezzi scafi separati, uniti da plastica liquida), robuste, economiche e spartane. Per non parlare dei gommoni  piccoli e grandi, tra i quali il modello D. 760 C..

Per il futuro invece abbiamo in programma un 5 HP e 6 HP quattro tempi, monocilindrico, in collaborazione con la Yamaha, ma prodotto integralmente da noi. Quindi, in due o tre anni, una gamma completa di motori due tempi a iniezione dai 40 HP ai 100 HP, due e quattro cilindri.

A proposito di Yamaha, come si compone la struttura societaria Selva?

Mio fratello ed io abbiamo una quota del 45% ognuno. Il restante 10% appartiene alla Yamaha. Con la casa giapponese esiste una collaborazione tecnico – produttiva. In particolare loro ci forniscono componenti per i fuoribordo quattro tempi mentre noi facciamo il contrario con quelli due tempi. Motivo di vanto è poi il produrre intere componenti nipponiche  dei motori Yanmar in Italia. Ma c’è una novità: la nascita della Selva Commerciale, per una più razionale divisione dei compiti e delle responsabilità, che si occupa della distribuzione di tre marchi, Selva Marine, Seagull Sport e delle barche finlandesi Terhi. L’abbiamo pensata anche in funzione di una politica commerciale più vasta, che includa un ben nutrito pacchetto di marchi nuovi per il Salone di Genova 2001.

E per dare un’idea della vostra produzione?

Per quanto riguarda i motori, ci attestiamo sui 6000 pezzi all’anno. Gommoni e imbarcazioni di vetroresina e polietilene raggiungono il migliaio.

Che dire ai lettori della scomparsa della benzina rossa prevista per l’inizio del prossimo anno; si avranno ripercussioni sui motori fuoribordo?

Bando agli allarmismi. I motori due tempi possono tranquillamente usare benzina verde e senza alcun bisogno di additivi. Parlo per i Selva, ma penso che il discorso valga per tutti. Paradossalmente, ad avere problemi potrebbero essere i quattro tempi della vecchia generazione per una questione di sedi – valvola.

Concludiamo con una considerazione sui fuoribordo quattro tempi.

E’ vero che costano di più, ma si deve considerare che comunque sono venduti sottocosto dalle case produttrici. Intendo dire che il differenziale prezzo non copre nemmeno i costi di produzione. Finché la produzione di motori due tempi coprirà le spese di quella dei quattro tempi, non ci saranno variazioni. Quando ciò dovesse avere termine, allora i prezzi dei quattro tempi schizzerebbero alle stelle. Solo la loro testa, che non è possibile pressofondere, ma è lavorata a bassa pressione o col metodo a conchiglia, costa di più di tutto il blocco motore di un due tempi. Questo fa sì che su di un piccolo motore vi sia un costo altissimo: il 40% in più di un omologo due tempi. Comunque prima di sei o sette anni non avremo ancora da Bruxelles una direttiva sui due tempi, dopo di che, se ne riparlerà. Oggi è assolutamente prematuro. Selva e Yamaha avranno nei prossimi anni serie quasi complete sia di motori due tempi della nuova generazione che di quattro tempi.         

 Edoardo Napodano

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