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Diario (blog)

ORION Veteran Boat Rally 2001 – Yachting World

Veterane in Sardegna

Al Prada Veteran Boat Rally ho coronato il sogno di una vita: stare al timone di Orion, paternamente guidato dal comandante Castagna, con un equipaggio simpatico, efficiente e dalla rilevante componente femminile. Cosa può desiderare di più un marinaio? Il contorno di altre magnifiche signore… di legno!

Caracollo sulla banchina di Porto Cervo – andatura equestre e non propriamente marina – a caccia di un imbarco per l’ultimo giorno utile di regate.

L’imbarazzo della scelta è forte: motivi di convenienza e cortesia, yacht nuovi al circuito in barche d’epoca del Mediterraneo, skipper o armatori famosi e interessanti, yacht pieni di storia. Vorrei venti giorni di regate per venti imbarchi diversi ed invece il destino me ne regale uno solo. Ma è comunque un privilegio.

Orion antico amore

Non ho ancora avuto il tempo di dare un’occhiata alla lista dei partecipanti e mi avvento bramoso sulle possibili prede. D’infilata, in un groviglio intricatissime attrezzature, scorgo gli alberi di uno schooner aurico: un brivido! Non penso che ci sia Te Vega di Tanzi e allora di quelle dimensioni non c’è molto altro… vuoi vedere che è Orion!

Non c’è quasi yacht che conosca da più tempo; vicino “di barca” a Le Grazie di Portovenere per decine di anni, vicino di casa il comandante storico Ignazio Torrente (oggi su Astra), praticamente “allattato” a coppale dal mastro d’ascia che ne ricostruì gli alberi dopo il disalberamento, più di trant’anni fa, Sergio Bello. Eppure non ho mai avuto la sorte di navigarci. È un Camper & Nicholsons del 1910, lungo fuori tutto quasi 45 metri, tanto per intenderci. So che Orion ha cambiato da poco comandante e armatore e non disdegna di concedersi, di tanto in tanto, al charter. È un lampo: “Posso parlare col comandate Castagna?”. Mi presenta al nuovo armatore, Marten Rǿd, finanziere norvegese – ma la bandiera resta italiana – che da poppa si gode il passeggio in banchina, aria sorniona

I love America

Mai viste tante barche ed equipaggi americani ad un raduno italiano. Solo per i 12 Metri S.I. ci saranno quasi una decina di “Stars & Stripes”. È l’effetto virtuoso dell’America’s Cup Jubilee di Cowes in agosto: moltissimi hanno trasferito il proprio yacht dagli USA in Inghilterra via cargo e molti, già che c’erano, hanno deciso saggiamente di svernare in Europa, bazzicando regate e raduni. Tra questi, il comitato armatore dello splendido 20 metri racercruiser di Nat Herreshoff Marilee, 1926: Ed Kane, Peter Kellogg Larry Snoddon, Bill Wagoner e Mitch Shivers che me ne svela i segreti, accompagnandomi fino alla più recondita sentina. Salta all’acchio questo cutter aurico velocissimo, dall’alberatura impressionante (225 m2 di superficie velica), il bompresso (1.65 m), la coperta decisamente flush deck e soprattutto il bordo insolitamente alto per l’epoca: soluzione pro spazi interni, conservando però grande attitudine marina. Strano effetto il boma di fortuna, grezzo e non verniciato, costruito e montato a tempo record a Cowes. Marilee appartiene ad una classe monotipo “New York Yacht Club 40” (40 ft. la lunghezza al galleggiamento), anche nota come Fighting Forties o Roaring Forties, nata nel 1916 per soci del New York Yacht Club del calibro di Morgan, Bell, Kellogg, Coolidge, come sono soci tutti gli attuali armatori. Dicono ridendo che il fantasme di Nat Herreshoff si sia aggirato fiero, dopo il restauro, intorno a Marilee. – La regata di mercoledì è stata cancellata per l’immane sciagura che si è abbattuta sul mondo civile martedì 11, ma mi piace qui ricordare soprattutto la grande amicizia e partecipazione che tutti hanno dimostrato agli americani in trasferta –

Imbarco

Venerdì 14 ore 8:30: momento storico della mia vita di marinaio. Supero baldanzoso la passerella imponente – se non è imponente lei… – di Orion. L’accoglienza è la più sportiva: conosco in un batter d’occhio una varietà numerosa ed “affollata” di velai, prodieri, addetti alle volanti, nostromi, motoristi; una congerie di umanità di banchina, all’occorrenza silenziosa e concentrata.

Siamo i primi ad uscire.

Le manovre in porto sono sempre uno spettacolo: osservo senza fiatare questo colosso prezioso, sfiorare altri navigli altrettanto preziosi. Potrebbe essere una perfetta tortura per un agente dei Lloyds: bompressi che sfiorano masconi, giardinetti che sfilano pericolosamente vicini ad altre fiancate, crocette che fanno scintille. Il tutto ad una velocità a dir poco inquietante: un minimo errore e sono centinaia di milioni di danni.

Girandoci su noi stessi nello strettissimo spazio del porto – non sarebbe poi tanto angusto, ma su Orion tutto diventa relativo – godiamo di uno scorcio invidiabile: le prue allineate di Skagerrak (yawl bermudiano Abejking & Rasmussen 1938, appartenuta al Grandammiraglio Erich Reader della Kriegsmarine, oggi Ranucci), Mariette (schooner di Herreshoff, 1915, di Tom Perkins, asso pigliatutto), Oiseau de Feu (elegantissimo sloop Camper & Nicholsons, risposta inglese del 1936 alle due consecutive vittorie alla Fastnet dell’americana Dorade di Olin Stephens), Tuiga (15 M.S.I., ammiraglia dello Yacht Club di Monaco, Fife 1909), Croce del Sud (goletta a palo di Martinolich, Lussingiccolo 1933, veterana dei raduni) dei due W Class americani (White Wigs e Wild Horses, cfr. Yachting World 5 – luglio), di Aello (goletta aurica americana, di Timoty Britton), la Partridge (splendido cutter aurico del 1885, oggi in cerca di uno sponsor o di un nuovo armatore – la barca più antica del circuito ed il restauro più lungo: 20 anni! – di Peter Saxby e Alex Laird; costruizione Camper & Nicholsons e progetto di J. Beavor Webb, lo stesso di Galatea, challenger alla Coppa America del 1886) e di tutta la flottiglia dei 12 Metri Stazza Internazionale.

Impossibile citare tutte le meraviglie ormeggiate in porto, ma tutte lo meriterebbero: ognuna con la propria storia, il fascino, le stravaganze. In qualche modo ogni barca è una storia d’amore, di passione, di sacrifici.

Il Comandante

Mentre procediamo verso il campo di regata ascolto la storia del comandante. Castagna, “magraiolo” verace (della zona del fiume Magra, tra La Spezia e Massa), come molti del mestiere (Sergio Guglielmone Croce del Sud, Giuseppe Ricò dello Skagerrak ed altri ancora) ha origini terrigne e spiega quanto un lavoro pur duro come il suo, rappresenti comunque una sorta di “vacanza” nell’ambiente “agricolo” della foce del Magra e sia quindi di gran lunga preferibile, al di là della sua grande passione per il mare. Storie a volte dure, sempre vere, reali, molto lontane dagli stereotipi ovattati dello yachting. Esattamente quello che cerco in questo ambiente: navigando, nei cantieri con gli armatori, coi marinai, ovunque. Il comandante viene dalla Marina Mercantile e si diletta nel diporto “solo” dal 1980, paternamente traghettato dal Cantiere Navale Beconcini e dall’agenzia Taverna di Lerici. Da allora, 10 anni sul Sangermani di 23 metri Luja, quindi sul Lyja II, maxi dell’indimenticato armatore Corrado Frattini. Si è imbarcato perfino sullo yacht di Al Fayed: Sacara. Ma le ossa se le è fatte su Mariette ai tempi di Rizzoli, come secondo del leggendario Eric Pascoli.

L’equipaggio

Per tutta la prima parte della giornata non c’è molto vento. Così ho tempo di conoscere l’equipaggio fisso e gli imbarcati per la regata, conoscenza che si approfondirà la sera a pranzo – sembra di stare in un U-Boot – negli impressionanti locali di prua. Il secondo, un ragazzo giovanissimo che governa il personale in coperta con stupefacente professionalità, il velaio Fausto, che segue le sue “creature” anche in mare, Luigi il tattico, esperto della zona e un bel numero di ragazzi della Marina Militare. Poi – incredibili incontri dell’andar per mare – si presenta Luciano Scotto, figlio d’arte: suo padre Domenico, comandò per molti anni il J Class Quadrifoglio, ex Shamrock V, proprio nelle acque della Maddalena, quando dal senatore Mario Crespi passò all’armatore sardo Piero Scanu nel dopoguerra (Cfr. Vele d’Epoca cm). Proprio lui, senza che ci conoscessimo di persona, né sospettassimo di incontrarci al Veteran Boat Rally, mi aveva mandato gloriose vecchie foto di suo padre negli anni Settanta. E c’è ance un bel gruppetto di ragazze dalle mansioni più disparate, ma tutte appassionate e serissime in coperta: Gloria, spesso al timone, Billy e Antonella alle volanti, Francesca, prodiera. Sembrerà eccessivamente sentimentale, ma mi commuovo sempre quando scopro che si può conciliare stupendamente femminilità e amore per la marineria e le barche, specialmente quelle vecchie, scomode, lente “bagnarole” d’epoca.

Francesca e Francesco – neanche a farlo apposta – sono studenti che hanno avuto la possibilità di imbarcarsi grazie alla STA Italia (Sail Training Association), meritoria organizzazione internazionale che avvicina i giovani alla marineria, promuove regate di Tall Ships, procura imbarchi. Per l’Italia collaborano la Marina Militare Italiana con la sua nutrita flotta di navi scuola e Yacht Club Italiano.

Marten Rǿd chiacchiera volentieri, non prende quasi mai parte alle manovre, ma si capisce che il suo è un grande amore. Non ha certo risparmiato la barca e racconta le molte crociere fatte su questo schooner, da sempre considerato una delle più belle barche del Mediterraneo: Baleari, Tunisia e Malta, per esempio, per le prove generali del trofeo d’altura Bailli de Suffren la primavera scorsa (Antibes-Valletta a tappe). Finalmente un armatore che naviga e vive anche dei mesi a bordo!

Incontri

Nel frattempo incrociamo i noti ketch aurici Tirrenia e Owl, elegantissimi con i loro scafi scuri, in perfetto contrasto con i colore del teak e quasi indistinguibili da lontano; quindi ci affianca Aleph – le battute volano – un cutter bermudiano di 16 metri, con fasciame a vista e coppale a fiumi, tenuto alla perfezione: complimenti all’armatore.

Incroci anche con Mariette. Ultimamente c’è un po’ di affollamento sulla sua attrezzatura: in pratica sempre due uomini sulle teste di moro.

Incontro ravvicinato – indubbiamente troppo ravvicinato – nel momento di peggior bonaccia della regata (Orion 254 tonnellate – e chi le muove senza vento?-) con Tamara IX, un 15 metri progettato da Jensen del 1933: siamo ai parabordi!

Quantomeno le urla del rosso skipper-armatore, tale Doug Peterson (progettista di Luna Rossa), evocano finalmente un bel vento che cresce lento, ma costante, fino a farci divertire. Ne approfitto per fare un giochino che ho sempre sognato: “passeggiare” sulla delfiniera di un 45 metri sbandato, con tanto di onde e schiuma sotto e poi si… mettermi all’agognata ruota, la più invidiata che conosca. Il bestione risponde alle correzioni di rotta solo dopo alcuni secondi ed è veramente strano farci la mano, ma con tutta la tela a riva, controrande, uccellina e chi più ne ha più ne metta, la velocità di Orion è stupefacente e negli ultimi tratti mettiamo perfino la falchetta in acqua: meglio che montare un purosangue!

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